Il c.d. quasi usufrutto

Oggetto del diritto di usufrutto può essere qualunque tipo di bene, mobile o immobile, materiale o immateriale (si pensi a un brevetto) e perfino cose deteriorabili oppure consumabili.

Queste ultime due ipotesi, tuttavia, sono da tenere ben distinte tra loro. Nel primo caso, infatti, l’utilizzo della res (che potrebbe essere, a titolo esemplificativo, una cava o una miniera da sfruttare), nonostante ne implichi una inevitabile usura e/o consumazione, non ne determina il venir meno, né la distruzione o il mutare della sua sostanza: su questa premessa il legislatore ha previsto che, in simili ipotesi, l’usufruttuario è legittimato a sfruttare il bene anche in modo rilevante, essendo tenuto a restituire quello che rimane dello stesso, senza incorrere per questo motivo in alcun obbligo risarcitorio.

Nel caso, invece, di cose consumabili, ossia suscettibili di un solo uso, poiché sarebbe impossibile restituire la res in natura dopo il suo utilizzo, l’unico obbligo dell’usufruttuario, in realtà, è quello di fornire al dominus , al momento dell’estinzione del proprio diritto, cose della medesima quantità e qualità di quelle ricevute in godimento.

E’ per questa sostanziale differenza di disciplina che la dottrina preferisce parlare, al proposito di tale ipotesi, di “quasi usufrutto”, istituto che avrebbe in comune con l’usufrutto in senso tecnico pressoché solo il carattere della necessaria temporaneità.

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