Il prestito vitalizio ipotecario nella Finanziaria 2006

Il prestito vitalizio ipotecario nella Finanziaria 2006
di Mario Mazzeo
Legge 2 dicembre 2005, n. 248. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, recante misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria
1. Dalla direttiva 2002/65/CE al d.lg. n. 190/2005

Nel maxi emendamento alla Finanziaria 2006, convertito in l. 2.12.2005, n. 248, il governo ha introdotto una novità assoluta per quanto riguarda il sistema degli strumenti finanziari in Italia: il prestito vitalizio ipotecario.

Si tratta di un istituto già da tempo diffuso nei Paesi Anglosassoni con il nome di lifetime mortgage o reverse mortgage, ove in pochi anni ha assunto una discreta importanza soprattutto in termini di volume di finanziamenti concessi.

Il prestito vitalizio ipotecario vuole rappresentare, in pratica, una forma di mobilizzazione della ricchezza immobiliare in uno Stato com’è il nostro nel quale l’età media della popolazione aumenta a ritmo costante e, contemporaneamente, diminuisce il numero delle nascite e, dunque, dei figli all’interno delle famiglie.

Sempre più di frequente si danno casi di persone anziane proprietarie di beni immobili e, però, prive di mezzi finanziari “liquidi” utili al mantenimento di una vita dignitosa, specialmente in un’età nella quale aumentano i consumi e le spese mediche e di assistenza(1).

L’ingresso nella moneta unica ha portato ad un sensibile aumento del costo della vita e, paradossalmente, il possesso di un patrimonio immobiliare sembra sempre più assumere, per quei soggetti che traggono il proprio reddito solo dal sistema pensionistico, le vesti di un pregiudizio piuttosto che di un vantaggio(2).

Con questa nuova forma di accesso al credito, però, le cose potrebbero cambiare.

Dall’entrata in vigore di questa norma, le persone che abbiano superato la soglia dei 65 anni e che siano proprietarie di beni immobili residenziali, attraverso il prestito vitalizio, si troveranno a poter beneficiare di una più ampia gamma di possibilità economiche.

Attraverso questo meccanismo potranno decidere di recarsi in una banca od in una finanziaria autorizzata per ottenere un prestito, garantito da ipoteca, pari ad una percentuale del valore della propria casa, che potrà essere fruito secondo diverse modalità.

Al debitore, infatti, è concessa anzitutto la facoltà di scegliere le caratteristiche di godimento del prestito: egli potrà, dunque, scegliere fra un vitalizio da affiancare alla propria pensione, l’apertura di una linea di credito, una somma accordata in un’unica soluzione o, infine, una combinazione delle predette ipotesi.

Il prestito scade con la scomparsa del contraente o, se il finanziamento è cointestato ad una coppia, di solito con la morte del coniuge più longevo.

L’entità del prestito è commisurata a tre diversi fattori: il valore dell’immobile, il tasso d’interesse e l’età del debitore.

È facile comprendere che tanto maggiore è il valore dell’immobile, tanto più elevato potrà essere il prestito, ma anche che all’aumentare del tasso d’interesse aumenterà in proporzione il valore dell’importo da restituire e che, infine, tanto più anziano è il debitore, tanto minore sarà il numero di anni sui quali si applicheranno gli interessi e, di conseguenza, tanto maggiore sarà, di fatto, l’ammontare del prestito.

Nel nostro ordinamento, ad oggi, l’unico istituto la cui funzione può essere ritenuta assimilabile nelle finalità al reverse mortgage è quello rappresentato dalla vendita della c.d. “nuda proprietà”.

Questo meccanismo è stato introdotto per venire incontro ad esigenze molto simili a quelle che dovrebbe coprire il prestito vitalizio, ma anche altri aspetti che da questo non vengono contemplati.

Dal punto di vista del venditore lo strumento della nuda proprietà è sempre stato utilizzato, ad esempio, da quelle persone anziane, senza eredi, che alla loro morte, avrebbero visto i loro beni incamerati dallo Stato e che dalla vendita (della nuda proprietà) dell’immobile possono, invece, ricavare i mezzi finanziari per poter vivere più serenamente senza dover rinunciare ad abitare la propria casa.

Dal punto di vista dell’acquirente, questo istituto ha sempre consentito anche a chi non dispone di elevatissime risorse finanziarie e, d’altro canto, non abbia un’immediata esigenza di procurarsi la disponibilità di un appartamento, di divenire proprietario di un immobile acquistato ad un prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato.

Una similitudine ulteriore fra i due meccanismi può rintracciarsi anche nelle modalità di determinazione dell’utile ricavato da chi vende, atteso che anche nella formazione del prezzo di cessione della nuda proprietà di un’unità immobiliare incidono tutta quella serie di fattori che vanno dall’età del venditore, al numero di persone che si riservano il diritto di usufrutto, per finire ai classici indicatori per la determinazione delle quotazioni immobiliari (stato di conservazione dell’immobile, sua ubicazione, ecc.), ora considerati nella determinazione del prestito vitalizio.

In caso di cessione della nuda proprietà, il codice civile stabilisce che l’alienante usufruttuario ha il diritto di godere della cosa altrui, ma deve rispettarne la destinazione economica.

In concreto, quindi, l’usufruttuario, oltre che ad utilizzare direttamente l’immobile, può affittarlo ad uso abitativo, ma non può mutarne l’uso adibendolo, ad esempio, all’esercizio di un’attività professionale. L’usufruttuario può trarre dall’appartamento qualsiasi beneficio ritraibile dal proprietario, quasi si tratti di una sorta di “proprietario a termine”.

A ciò si deve aggiungere una fitta serie di oneri a cui l’usufruttuario è, per legge, tenuto ad adempiere per tutto il tempo in cui resta in vita e che comprendono, fra l’altro, le spese di manutenzione ordinaria, l’interesse legale sulle spese sostenute dal proprietario per effettuare le riparazioni straordinarie, ecc.

Di tali oneri non c’è traccia nella nuova normativa.

A differenza che nella cessione della nuda proprietà, infatti, al momento della stipulazione del prestito non si avrà alcun trasferimento di proprietà: l’immobile resta di proprietà del debitore e l’effetto traslativo, questa volta meramente facoltativo, interesserà eventualmente solo gli eredi.

Per il resto della propria vita – come è nella nuda proprietà – il debitore continuerà ugualmente ad abitare ed usufruire della propria casa, nel maggiore dei casi senza particolari obblighi, ma con un effetto notevole anzitutto sul piano psicologico conservando non solo l’uso, ma la proprietà dell’appartamento del quale non dovrà più considerarsi un “occupante sgradito”.

Il creditore in questo caso, infatti, non acquisisce la proprietà dell’immobile: il prestito e gli interessi potranno essere restituiti con i proventi della vendita della casa, ma anche attraverso altri fondi.

Il debitore, comunque, solo raramente sarà tenuto al pagamento degli interessi mentre è ancora in vita: il più delle volte non dovrà mai restituire nulla.

Saranno gli eredi, entro un anno dalla sua morte, a stabilire se restituire l’importo finanziato, maggiorato degli interessi fino a quel momento maturati, o se lasciare all’istituto di credito l’iniziativa.

Banche e finanziarie potranno, a quel punto, decidere di far vendere l’immobile all’incanto, consegnando in contanti agli eredi l’eventuale differenza fra il prezzo ricavato da tale vendita ed il debito residuo.

I primi soggetti a trarre vantaggio da questa novità saranno, ad ogni modo, proprio le banche e le finanziarie che diverranno protagoniste di un business potenzialmente colossale in quanto in Italia, già oggi, i cittadini con più di 65 anni sono circa 11 milioni e l’80 per cento di questi è proprietario di immobili.

Ovviamente, anche questo sistema di finanziamento non va esente da rischi e da profili di criticità.

Oltre a produrre una contrazione del sistema di vendite immobiliari ai privati che mediante la nuda proprietà potevano fruire di prezzi sensibilmente più accessibili, infatti, anche banche e finanziarie possono veder aumentare la propria percentuale di incertezza.

Invero, è sempre possibile che la somma erogata si trovi a superare il valore dell’immobile, specie nei casi in cui il debitore abbia scelto di ricevere il prestito sotto forma di vitalizio; ma anche quando il valore degli immobili si riduce nel corso degli anni o in caso di aumento dei tassi di interesse.

D’altro canto, anche chi contrae un prestito potrebbe incorrere in particolari rischi, come ad esempio è successo a quanti, dopo aver scelto la formula della rendita vitalizia, hanno visto fallire l’ente erogatore (ragione per la quale da noi la legge riserva quest’attività alle banche ed alle finanziarie autorizzate).

Per ridurre questo genere di rischi, all’estero si è fatto un massiccio ricorso alla sottoscrizione di polizze di assicurazione collegate alla concessione del prestito e direttamente dipendenti dalla durata della vita del soggetto debitore.

È facilmente immaginabile che anche da noi la copertura assicurativa diverrà indissolubilmente legata al beneficio conseguito.

Non va, però, sottovalutato il fatto che anche le assicurazioni hanno un costo che dovrà essere aggiunto alle spese che derivano dal ricorso al prestito.

Oltre agli interessi maturati, alle spese di perizia dell’immobile ed alle commissioni bancarie, quest’ultima voce di spesa potrebbe, pertanto, rivelarsi assai gravosa per gli eredi che desiderassero restare proprietari dell’immobile alla morte del beneficiario.

È proprio la questione dei costi sottesi a questo genere di finanziamento che, probabilmente, rappresenterà il limite maggiore alla diffusione dello strumento.

Un ultimo spunto di riflessione proviene poi da quanti ritengono, criticamente, che questa nuova forma di finanziamento rappresenti, in realtà, una specie di sistema di approfittamento, da parte dei grandi gruppi finanziari, delle improvvise necessità che potrebbero presentarsi ad una categoria di soggetti di per sé debole come quella degli anziani.

È possibile, infatti, che le valutazioni offerte dalle banche del valore immobiliare delle case risultino essere, di fatto, assai più basse di quelle che il libero mercato immobiliare riserverebbe in caso di vendita della nuda proprietà.

In situazioni di particolari esigenze, magari legate a problemi di salute piuttosto che alla volontà di regalarsi una vita di agiatezze, i soggetti “deboli” potrebbero essere indotti a concedere l’ipoteca sulla propria casa solo per il fatto che il finanziamento, pur se di minore entità, venga reso disponibile in tempi certamente assai più rapidi di quelli necessari alla ricerca di un acquirente privato ed alla definizione di una vendita di nuda proprietà. Solo il tempo e la prassi applicativa saranno in grado di offrire elementi di valutazione, in proposito.

———————–

(1) È la situazione che gli anglosassoni riassumono con la frase «house-rich, cash-poor».

(2) Basti pensare alle tasse che devono essere pagate dai proprietari di immobili e che, specie negli ultimi anni, hanno raggiunto delle proporzioni non indifferenti.

Acquisto

Siamo una family office specializzata nel settore immobiliare di lusso.

Vendita

Se hai una casa da sogno non rinunciarci. Ai soldi ci pensiamo noi.

Chi siamo

Siamo presenti in tutta Italia e nel Mondo per trattare immobili di prestigio.